Avv. Igor Bernasconi, Lugano

La truffa presuppone un inganno astuto

Truffa e inganno astuto

Secondo l’art. 146 cpv. 1 CP, è colpevole del reato di truffa chi inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l’errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto.

Il requisito dell’inganno astuto è adempiuto quando l’autore architetta un tessuto di menzogne oppure fa capo a particolari manovre fraudolente o ad artifici, come pure quando rilascia false indicazioni la cui verifica è impossibile, difficile o non ragionevolmente esigibile dalla controparte, oppure quando impedisce alla controparte di verificare o prevede che la controparte rinuncerà a verificare in virtù di uno specifico rapporto di fiducia.

Non è quindi adempiuto il requisito dell’inganno astuto, e non vi è il reato di truffa, quando la vittima avrebbe potuto evitare l’inganno con un minimo d’attenzione o di prudenza.

Perché ci sia truffa non è per contro necessario che la vittima abbia dato prova della più grande diligenza e che abbia fatto ricorso a tutte le misure di prudenza possibili.

Il punto, quindi, non è di sapere se la vittima ha fatto tutto ciò che poteva per evitare di essere ingannata, poiché l’astuzia è esclusa soltanto quando la vittima è corresponsabile del danno poiché non ha fatto uso delle misure di prudenza elementari imposte dalle circostanze.

Il Tribunale federale ha ad esempio negato il presupposto dell’inganno astuto in un caso in cui la vittima era una banca che avrebbe potuto scoprire l’inganno se si fosse attenuta alle più elementari misure di prudenza (DTF 119 IV 28).

Per contro, il medesimo Tribunale federale ha ritenuto che il requisito era adempiuto nel caso di una vittima, un disabile psichico, che non poteva riconoscere una frode normalmente ravvisabile da terze persone, come anche nel caso di un autore che aveva approfittato finanziariamente di connazionali inesperti, in stato di dipendenza, di subordinazione e di bisogno (DTF 120 IV 186).

In altri termini, non si tratta di verificare se una persona di media esperienza o capacità sarebbe stata in grado di subodorare la frode, bensì di esaminare le circostanze concrete del caso.

Si aggiunga che il principio secondo cui alla vittima incombe un certo dovere di prudenza non ha lo scopo di elevare particolarmente la soglia dell’astuzia e incoraggiare l’impunità di coloro che ricorrono alla frode confidando che il giudice li prosciolga in base a una sempre esistente possibilità astratta di verifica o controllo.

Il principio va quindi applicato dando prova di rigore e di prudenza ritenuto, peraltro, che un’attitudine sconsiderata della vittima può essere d’ostacolo al riconoscimento dell’inganno astuto soltanto nel caso in cui essa non si trovi in una condizione di inferiorità rispetto all’autore. Decisiva, al proposito, è la situazione concreta, segnatamente l’esigenza di protezione della vittima, nella misura in cui l’autore ne conosce i limiti e li sfrutta a suo favore.